In Lui, vita nuova!

“Non si può uccidere la speranza”

Beato JERZY POPIEŁUSZKO

 

PopieluszkoPer parlare del Beato Jerzy Popiełuszko è necessario mettersi in ascolto con il cuore dell’anima del popolo polacco. E chi può dar voce e parola a quest’anima se non un figlio di questa Nazione, Papa Giovanni Paolo II che, eletto come successore alla cattedra di San Pietro nell’ottobre del 1978, si recò pellegrino in Polonia nel giugno dell’anno successivo! Per cercare di entrare in questo “ascolto” – considerato anche il delicato periodo storico in cui la Polonia si trovava implicata – mi sembrano tanto evocative e chiare le parole che Papa Giovanni Paolo pronunciò durante l’omelia a Piazza della Vittoria:

…Quest’oggi, su questa Piazza della Vittoria, nella capitale della Polonia, chiedo, attraverso la grande preghiera eucaristica con voi tutti, che Cristo non cessi di essere per noi libro aperto della vita per il futuro. Per il nostro domani polacco.  Ci troviamo davanti alla tomba del Milite Ignoto. Nella storia della Polonia – antica e contemporanea – questa tomba ha un fondamento e una ragion d’essere particolari. In quanti luoghi della terra natia è caduto quel soldato! In quanti luoghi dell’Europa e del mondo egli gridava con la sua morte che non ci può essere un’Europa giusta senza l’indipendenza della Polonia, segnata sulla sua carta geografica! Su quanti campi di battaglia quel soldato ha testimoniato dei diritti dell’uomo, scolpiti profondamente negli inviolabili diritti del popolo, cadendo per la “nostra e vostra libertà”! “Dove sono le Care Tombe, o Polonia? Dove non sono! Tu lo sai meglio di tutti e Dio lo sa nel cielo” (Artur Oppman, Pacierz za zmarlych).  La storia della Patria scritta tramite la tomba di un Milite Ignoto! … Desidero inginocchiarmi presso questa tomba per venerare ciascun seme che cadendo in terra e morendo in essa porta frutto. Sarà questo il seme del sangue del soldato versato sul campo di battaglia o il sacrificio del martirio nei campi di concentramento o nelle carceri. Sarà il seme del duro lavoro quotidiano, col sudore della fronte, nel campo, nell’officina, nella miniera, nelle fonderie e nelle fabbriche.

Popieluszko

Sarà il seme d’amore dei genitori che non rifiutano di dare la vita ad un nuovo uomo e ne assumono tutto l’impegno educativo. Sarà questo il seme del lavoro creativo nelle università, negli istituti superiori, nelle biblioteche, nei cantieri della cultura nazionale. Sarà il seme della preghiera, del servizio ai malati, ai sofferenti, agli abbandonati: “tutto ciò che costituisce la Polonia…”.  E ancora “Non abbiate paura di insistere sui vostri diritti. Rifiutate una vita basata sulla menzogna e sulla doppiezza di pensiero. Non abbiate paura di soffrire con Cristo…Che lo Spirito Santo scenda su questa terra e la faccia cambiare”.

La Polonia, in quegli anni, è infatti soggetta al governo comunista e si trova in una forte dipendenza dall’ex U.R.S.S. I segnali di speranza e di cambiamento si cominciano a vedere con la nascita del sindacato di Solidarność. E’ in questo contesto che emerge il volto di don Jerzy Popiełuszko.

Don Jerzy nasce il 14 settembre 1947 da una famiglia di contadini a Okopy, sulla frontiera orientale della Polonia, là dove,San Massimiliano Kolbe con una sterminata foresta, comincia la Russia. Fin da fanciullo crebbe da buon chierichetto, desideroso di abbracciare il Signore Gesù percorrendo la via del sacerdozio. Secondo la mamma il fascino più grande che il ragazzo provava si indirizzava a Niepokalanów, la città dell’Immacolata fondata da Massimiliano Kolbe, il martire che egli venerava nel profondo del suo cuore, quasi per una sorta di premonizione interiore.

Jerzy entrò nel seminario a Varsavia nel 1965. Erano i tempi in cui il regime comunista polacco non riusciva a impedire l’esistenza dei seminari, anche se vessava i seminaristi costringendoli a due anni di servizio militare in reparti speciali, organizzati allo scopo di umiliarli psichicamente e fisicamente e di indottrinarli nel tentativo di distruggere la loro fede. Un piccolo episodio tra i tanti: Jerzy possedeva un rosario. Possedere un rosario voleva dire incorrere nelle ire del sergente di turno che pretendeva di obbligarlo a pestare sotto i piedi quel simbolo sacro: “Se tu non lo schiacci, io schiaccerò te”, gli aveva urlato. E il rifiuto di obbedire costò al giovane soldato un mese di cella di rigore. Anche nel gelo della notte erano sottoposti a esercitazioni spossanti. Jerzy era mingherlino e di salute cagionevole ma lasciava trasparire una certa indomabilità interiore. Quando poté rientrare in seminario, la salute era irrimediabilmente compromessa.

Fu ordinato prete nel 1972. I primi anni di sacerdozio lavorò in diverse parrocchie e poi gli affidarono l’assistenza degli studenti di medicina e la cura della Pastorale sanitaria della diocesi. Fu anche nominato membro della Consulta Nazionale degli Operatori Sanitari. Dovette interrompere anche questo lavoro a causa di una ricaduta nella malattia, fu quindi assegnato ad una parrocchia di periferia come “sacerdote residente”: confessava, predicava, visitava gli ammalati ed era di un’ospitalità generosa. Data l’esperienza accumulata nei primi anni gli fu chiesto di organizzare l’assistenza sanitaria necessaria per i milioni di pellegrini che si riversarono nella capitale in occasione delle due prime visite del Papa Giovanni Paolo II in Polonia.

Anno 1980: gli occhi di tutta la Polonia si fissarono sui cantieri navali di Danzica, dove Lech Wałȩsa, capo del comitato interfabbrica, riusciva a costringere le autorità comuniste polacche a sedere a un tavolo di negoziati, era il confronto tra la Popieluszkoclasse politica dirigente e l’intera nazione. Tutti gli stabilimenti organizzarono scioperi per appoggiare i cantieri navali; si mobilitarono anche le acciaierie di Huta Warszawa. Cinque operai si recarono dal Cardinale Wyszyński per chiedere un sacerdote che celebrasse la messa festiva nella fabbrica in sciopero. Il segretario trovò don Jerzy che obbedì pur non avendo nessuna esperienza né di operai, né di lotte sindacali, né di questioni politiche. Si sentì semplicemente gettato – non senza timori e preoccupazioni – in un mondo da cui si sentì subito inspiegabilmente accolto e abbracciato.

Ecco il racconto di quel giorno dalle sue dirette parole: “Finché vivrò non dimenticherò mai quel giorno e quella Messa. Già la situazione era per me assolutamente nuova. Che cosa avrei trovato? Come mi avrebbero accolto? PopieluszkoCi sarà dove celebrare? Chi leggerà i testi e chi canterà? Erano questi, che oggi mi appaiono ingenui, gli interrogativi che mi ponevo durante il percorso verso la fabbrica.  E, già in prossimità del cancello, ho avuto il primo moto di stupore: una densa folla di uomini, sorridenti e in lacrime nello stesso tempo. E applausi. Ho pensato che qualche celebrità stesse giungendo dietro di me. Quelli, invece, erano applausi per il primo prete che, nella storia di questo stabilimento, ne avesse mai varcata la soglia. Io nel frattempo, già pensavo: applausi per la Chiesa, che per trenta e più anni aveva instancabilmente bussato alle porte delle fabbriche. I miei timori erano infondati, tutto era pronto: l’altare al centro del piazzale della fabbrica, e la Croce – che poi è rimasta piantata all’ingresso -, Croce che ha attraversato giorni molto pesanti e che è sempre circondata di fiori freschi. C’era perfino un confessionale di fortuna. C’erano anche i lettori. Bisognava sentirle quelle voci maschie, avvezze a termini grossolani, leggere adesso, nel raccoglimento, i sacri testi. E dopo, da mille labbra, si è levato come un tuono: “Rendiamo grazie a Dio!”. Si è dimostrato poi che sapevano anche cantare e molto meglio che nelle chiese…Si trattò di qualcosa di straordinario che suscitò in me fortissima impressione. Fu lì che s’instaurò quel forte vincolo tra noi. Ho condiviso la loro inquietudine. Ho ascoltato le confessioni di uomini che, affaticati al di là di ogni sopportazione, pure si inginocchiavano a terra. Uomini che avevano compreso come la loro forza si ponesse in Dio, nell’unità con la Chiesa”.

Gli operai nominarono don Jerzy loro cappellano e scelsero la parrocchia dove abitava – la chiesa di San Stanislao Kostka – come la “loro parrocchia ufficiale”. Oltretutto in questa parrocchia si commemorava anche la storia sacra della nazione: si celebravano le Messe per la Patria che non erano gradite dal regime. Le aspettative del popolo polacco per la libertà e l’indipendenza dall’ex U.R.S.S. stavano diventando reali grazie alla vittoria di Solidarność, sindacato libero che raggruppava circa 10 milioni di persone. Ma la reazione del regime non si fece attendere. Con la scusa di venire incontro al popolo erano stati amnistiati centinaia di delinquenti comuni che avevano reso pericolosa la vita nelle città. E quando si levarono le prime voci che invocavano l’ordine, il governo instaurò la legge marziale: entrò in vigore il 13 dicembre 1981 fino all’estate dell’1983. Don Jerzy cominciò la sua vera missione di cappellano: assisteva ai processi e si prendeva cura delle famiglie dei prigionieri e di coloro che restavano disoccupati; organizzò un centro caritativo e sembrava che conoscesse a memoria i nomi di tutte le famiglie in difficoltà e la lista personalizzata dei bisogni. Riceveva aiuti da tutta la Polonia e anche dall’estero. La canonica era diventata un deposito di beni di prima necessità e a volte gli portavano certi doni in vestiario ma Jerzy trovava sempre il modo di spiegare che c’era qualcun altro che ne aveva più bisogno. Quando non era in giro a distribuire aiuti, era in casa ad accogliere gente che voleva essere ascoltata e capita nelle sue sventure, che voleva piangere davanti a lui sentendosi abbracciata.

PopieluszkoPoi sul finire del 1982 si dedicò alla formazione dei suoi operai: diceva che bisogna preparare il futuro. Evidentemente don Jerzy era malvisto dal regime in particolare per la celebrazione delle Messe per la Patria che celebrava in parrocchia alle sette di sera dell’ultima domenica del mese. Si contavano fino a cinquemila persone. Prima della Santa Messa e dopo la Santa Comunione celebri attori si alternavano a leggere testi poetici o brani della più bella letteratura nazionale. PopieluszkoQueste celebrazioni avevano una lunga tradizione ed erano usate nei secoli passati ogni volta che “la patria” veniva cancellata politicamente dalla carta delle nazioni e la sua identità e la sua indipendenza restavano affidate quasi interamente alla cultura e alla fede del popolo. Anche Giovanni Paolo II, durante il suo primo viaggio del 1979, aveva chiesto ai suoi connazionali: “Rimanete fedeli a questo patrimonio, a questa eredità spirituale! Fate che sia il fondamento della vostra formazione! Rendetelo oggetto della vostra nobile fierezza! Conservate e moltiplicate questo patrimonio; trasmettetelo alle future generazioni. Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce. Vieni, padre dei poveri, vieni, datore dei doni, vieni, luce dei cuori… Luce delle giovani coscienze polacche, vieni! E fortifica in loro quest’amore, dal quale è nato il primo canto polacco, “Bogurodzica”[i], messaggio di fede e di dignità dell’uomo sulla nostra terra! (Cf. Discorso del santo Padre G. Paolo II durante l’incontro con i giovani di Gniezno)

Non mancavano certamente gli esagitati a queste messe ma Padre Jerzy era attentissimo a non dare spazio a nessuna provocazione politica. La sua predicazione era un continuato appello alla verità: dire la verità e farla diventare la preghiera di tutti, questo era il solo criterio che seguiva nella preparazione dell’omelia. Anche le riflessioni su significativi e dolorosi accadimenti, padre Jerzy li esprimeva sotto forma di preghiera. Celebre è la predica del 30 maggio 1982, dopo che la polizia aveva caricato la folla facendo numerose vittime, si rivolse alla Vergine Santa pregandola così: “Madre degli ingannati, prega per noi; Madre dei traditi, prega per noi; Madre degli arrestati, prega per noi; Madre degli interrogati, prega per noi; Madre degli spaventati, prega per noi; Madre dei resi orfani, prega per noi; Madre dei picchiati nel giorno della tua festa di Regina della Polonia, prega per noi”. Dalla sua bocca mai usciva una parola di odio. Le conversioni erano continue. Don Jerzy organizzò perfino un pellegrinaggio, tutto di operai, al santuario di Chezstokowa, che da allora si ripete ogni anno. Ma il regime fremeva e accusava per “abuso del sacerdozio per fini politici”, così venne intitolata l’inchiesta che la Procura del Regime aprì contro di lui. Cominciarono le perquisizioni sistematiche dopo aver appositamente piazzato dalla stessa polizia arsenali o volantini nella sua povera abitazione.San Massimiliano Kolbe Si addestravano falsi testimoni, gli devastarono la canonica, gli rifiutarono il passaporto per recarsi a Roma per la canonizzazione di Massimiliano Kolbe, lo pedinavano giorno e notte. Gli facevano pervenire lettere minatorie, in una di essere così si riportava: “Penderai dalla Croce”. Si giunse al punto che gli operai siderurgici di Varsavia decisero autonomamente di organizzare un servizio di protezione, giorno e notte. I giornali del partito non sapevano più che cosa inventare per screditare quel pretino fastidioso. La gente, invece, diceva che Padre Jerzy “profumava di Cristo”. Era stato costituito un gruppo operativo militare, che doveva liquidare i preti ostili al regime e Popiełuszko era il primo della lista. In quelle due ultime settimane di vita si era trovato a scrivere il suo testamento come per una premonizione. In un’intervista, rimasta inedita, aveva confessato di temere la morte, ma aveva anche aggiunto:

Anche se ho paura, non posso agire diversamente. In realtà dovrei aver paura solo se fosse sbagliato quello che ho fatto… e poi, viviamo sempre nel rischio della morte. Se dobbiamo morire, è meglio incontrare la morte per una causa che valga la pena di difendere, piuttosto che stare comodamente seduti e rilassati, mentre l’ingiustizia sta dando spettacolo di sé.

19 ottobre 1984: dopo aver predicato nella località di Wyzyny decise di ritornare a Varsavia. Appena fuori della città l’auto venne fermata da tre addetti al servizio di sicurezza travestiti da agenti di polizia stradale. Don Jerzy fu legato e gettato nel bagagliaio. Parcheggiata la macchina, don Jerzy tentò di fuggire, ma venne inseguito e colpito ripetutamente con un manganello, gli sigillarono le labbra con un cerotto, gli legarono ai piedi un sacco di pietre, e fecero girare il cappio attorno Popieluszkoalla testa, in modo che si stringesse ad ogni movimento delle gambe. Poi lo gettarono nelle acque gelide di un bacino idrico della Vistola. Solo dopo venti giorni dal rapimento fu data notizia durante la Messa del ritrovamento del suo corpo.Popieluszko I funerali cominciarono con brani registrati dalle prediche di Padre Popiełuszko e risuonavano queste parole: “La verità, come la giustizia, è legata all’amore. E l’amore costa…si deve avere paura solo di tradire Cristo per i trenta denari di una meschina tranquillità”. Concelebrarono più di mille sacerdoti ed erano presenti circa un milione di fedeli. Uno striscione campeggiava sulla folla: “Non si può uccidere la speranza”.  Don Jerzy Popiełuszko fu proclamato beato il 6 giugno 2010.

(Sicari A., Nuovi ritratti di Santi, vol. 12 pp 133-145, Jaca Book)


[i]Bogurodzica”: Madre di Dio: è il più antico canto-messaggio, professione di fede, un simbolo del Credo polacco, è una catechesi e perfino un documento di educazione cristiana. Le principali verità di fede e i principi della morale sono racchiusi in essa. Non è soltanto un oggetto storico. È il documento della vita, Jakub Wujek lo chiamò il “catechismo polacco”. Lo cantiamo sempre con profonda emozione, con trasporto, ricordando che veniva cantato nei momenti solenni e decisivi. E lo leggiamo con profonda commozione. È difficile leggere in altro modo questi antichissimi versetti, se si pensa che su di essi si sono educate le generazioni dei nostri avi. Il canto “Bogurodzica” non è soltanto un antico documento di cultura. Esso ha dato alla cultura polacca l’ossatura fondamentale e primitiva… La cultura polacca sin dai suoi inizi porta segni cristiani ben chiari. Il battesimo, che durante tutto il millennio hanno ricevuto le generazioni dei nostri connazionali, li introduceva non soltanto nel mistero della Morte e della Risurrezione di Cristo, non li faceva diventare soltanto figli di Dio attraverso la grazia, ma trovava una grande risonanza nella storia del pensiero e nella creatività artistica, nella poesia, nella musica, nel dramma, nelle arti plastiche, nella pittura e nella scultura. E così è fino ad oggi. L’ispirazione cristiana non cessa d’essere la sorgente principale della creatività degli artisti polacchi. La cultura polacca scorre sempre con una larga corrente di ispirazioni che hanno la loro sorgente nel Vangelo. Ciò contribuisce anche al carattere profondamente umanistico di questa cultura. Ciò la rende così profondamente e autenticamente umana, perché – come scrive A. Mickiewicz nei libri del pellegrinaggio polacco – “la civilizzazione veramente degna dell’uomo deve essere cristiana”.

 

 Galleria Fotografica
 Audio e Video
 Pubblicazioni

Copyright © 2014 Casa Madre Suore Adoratrici - Rivolta d'Adda - Cremona - Via S. Francesco d'Assisi, 16 - 26027 - Tel.: 0363 1806643 - Mail: info@suoreadoratrici.it PRIVACY