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L’arte del passaggio

Roma, 19-21 Aprile 2017 – 64^ Assemblea nazionale USMI

LA FORMAZIONE NELLA VITA RELIGIOSA

assemblea nazionale USMI 2017

Al SGM Conferenze Center di Roma, sulla via Portuense, più di trecento superiore maggiori, madri generali e provinciali, si incontrano per l’assemblea annuale. Il tema, particolarmente interessante, riguarda la formazione nella vita religiosa.

Di seguito alcuni stralci che potrete trovare in forma più completa nel sito Usmi nazionale.

NB: Nel mese di Aprile, nello stesso sito, è possibile anche trovare le lectio al vangelo festivo che la nostra suor Paola  Rizzi ha scritto dando un contributo prezioso a tutti i lettori!

MERCOLEDI’ 19 Aprile 2017

La prima mattinata, inizia con la preghiera e l’introduzione della Presidente USMI Nazionale, madre Regina Cesarato, che invita ad accogliere il saluto del Risorto: PACE. Anche per le donne del mattino di Pasqua questo saluto è stato l’inizio del percorso di formazione per imparare a relazionarsi in modo nuovo con il Signore. Così sia anche per noi!

La moderatrice, dottoressa Patrizia Morgante, presenta poi il convegno e dà la parola a fratel Luciano Manicardi, Priore della comunità monastica di Bose.

Dall’individuo alla persona

“Una persona formata è integrata, è unificata. Nella letteratura monastica non c’è formazione come la intendiamo noi oggi, perché era la vita stessa che formava il giovane. Infatti “formazione” è trasformazione della persona verso la piena maturità di Cristo. Ecco la domanda che dobbiamo porci: “Quale promessa di vita la nostra comunità può dare a questo/questa giovane che chiede di entrare?”. Innanzitutto dobbiamo parlare di “comunità formativa” e interrogarci su quale promessa di vita possiamo esprimere e mantenere. C’è nella comunità lo spazio affinché questa giovane possa essere riconosciuta per quella che è? Quale vita possiamo offrire? Le nostre comunità formano o deformano, guariscono o producono sofferenza? Sono domande che non possiamo eludere. Guardiamo alla capacità relazionale delle nostre comunità. Siamo un “corpo”? E la giovane che entra riuscirà a fare il passaggio dall’io al noi? Dall’essere al centro della comunità all’essere “accanto” alle altre? Questo per quanto riguarda la “comunità formativa”, ma poi c’è la persona della formatrice che prima di tutto deve essere una persona formata, una donna di ascolto e di accoglienza perché con l’ascolto si aiuta la persona a crescere. Inoltre è necessaria la capacità di mitezza, la capacità di mettere dei limiti alla propria presenza, non essere invadente. La formatrice deve saper allargare gli orizzonti della giovane. Far emergere gli interessi. Dare responsabilità. Avere buona maturità affettiva. Se la formatrice ha conosciuto la sua debolezza e l’ha accolta saprà aiutare la formanda ad accogliere la propria fragilità e debolezza. Infatti, sentirsi accolti nella propria debolezza è un’esperienza formante molto profonda”.

A mezzogiorno la celebrazione eucaristica è stata presieduta dal Prefetto del Dicastero dei Religiosi, sua Eminenza mons. João Braz De Avis.

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“Verso la piena maturità di Cristo” (Ef 4,13)

La seconda relazione della giornata è stata presentata dalla biblista Marinella Perroni.

Partendo dalla presentazione delle linee teologiche della lettera ai cristiani di Efeso, la relatrice è passata alle esortazioni di carattere etico e si è soffermata sulla dimensione cristologica ed ecclesiologica della lettera. Una panoramica vasta, interessante e molto densa di contenuto. Dentro questa ecclesiologia cristocentrica viene collocata la catechesi che riguarda il capitolo quarto: “…il vivere cristiano comporta adesione a uno stile di vita che ha nel Cristo, l’uomo nuovo, il suo modello. Un concetto questo, di “uomo nuovo” che si riferisce all’umanità intera divenuta in Cristo “nuova creatura”. I battezzati sono chiamati “santi”. La santità non è però una virtù, essere santi equivale ad essere entrati a far parte del “tempio santo”, dell’abitazione di Dio. Essere “cristiani-santi” vuol dire saper esercitare la diaconia in modo responsabile, cioè in funzione dell’edificazione del corpo di Cristo e a questo devono mirare gli sforzi di coloro che edificano la comunità con la parola”.

GIOVEDI’ 20 aprile 2017

La giornata inizia con la preghiera e la parola alla dottoressa Maria Campatelli.

Formazione o probazione? Nuove prospettive

Partendo dalla domanda: “Qual è il tipo di vita a cui bisogna formare?”, la relatrice fa notare come la parola “formazione” abbia una storia recente. La parola “forma” indicava originariamente l’immagine integrale completa di un essere giunto alla sua perfezione e alla sua maturità “secondo la propria specie”. Ma la “forma del cristiano” è una coscienza dell’io comunionale: il movimento verso il Padre definisce il Figlio e viceversa. La nostra “forma” è un modo di esistere che deriva da una partecipazione, da una circolazione di vita. La “forma” del cristiano è Cristo, è essere figlio.

Possiamo parlare quindi in modo più corretto di “probazione” e non di “formazione”. Infatti, si tratta di provare per vedere di che vita vivono le persone che ci sono affidate. La formazione è una probazione, è un discernimento, ma non bisogna inventare delle prove artificiali. È il Padre che pota e pota nel concreto della vita quotidiana. Si tratta allora di mettere le persone nelle reali situazioni di vita perché lì viene fuori la verità; è la vita che prova, la vita normale. Una volta provato di che vita si vive, c’è poi il tempo della custodia e dell’allargamento di questa vita a tutto ciò che siamo, che ci costituisce. È il cammino verso l’integrità: un cammino “da dentro a fuori” e non viceversa. A questo punto dobbiamo dire che è necessario assumersi la responsabilità di essere adulti e di vivere in un processo di conversione continuo”.

Nel primo pomeriggio tre Sorelle dell’USMI Nazionale hanno presentato all’assemblea il documento: “Per vino nuovo otri nuovi” mettendo in evidenza il rinnovamento postconciliare con tutti i suoi aspetti positivi, ma anche le “sfide ancora aperte” e il cammino verso una “relazionalità evangelica” richiesta soprattutto alla governance degli Istituti.

L’itinerario liturgico come cammino formativo

Suor Cristina Cruciani, con una passione che ha coinvolto tutte le ascoltatrici, ha presentato la liturgia come cammino formativo perché davvero “la liturgia forma!”. Il Concilio ha ridato in mano ai fedeli la Scrittura e ha rinnovato la Liturgia. Possiamo dire che nei libri liturgici c’è la nostra fede alimentata dalla Parola di Dio.

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VENERDI’ 21 aprile 2017

 La rivoluzione della longevità di massa e le esigenze della formazione

Chi di noi si credeva “giovane” anche in età matura o avanzata, riceve oggi una parola che stronca ogni fantasia! Giovani si è fino a 35 anni, poi si dovrebbe diventare “adulti” ma – qui in effetti è il problema – chi ha più di 35 anni non vuol saperne di diventare adulto perché si tratta di essere capaci di dimenticarsi di sé per donarsi agli altri!

Il relatore, don Armando Matteo, con un linguaggio accattivante e simpatico, parte da queste battute per introdursi nel tema. “Chi non è adulto (nel senso vero del termine) non è in condizione di far diventare altri adulti. E la crisi dell’adultità è anche crisi della cultura vocazionale. Venendo al discorso delle esigenze della formazione con i giovani di oggi, il relatore mette l’accento sulla necessità che i formatori devono essere “adulti” per aiutare i formandi a crescere nel vero senso della parola. Il profilo di una suora “adulta” si può definire con quanto dice Papa Francesco:

  • dove ci sono i religiosi c’è gioia
  • la nota caratteristica della vita consacrata è la profezia
  • Interrogarsi su quanto Dio e l’umanità di oggi domandano”.

Media digitali e aspetti formativi

Nel pomeriggio mons. Dario Edoardo Viganò tratta il tema della comunicazione nel mondo di oggi. “Nella formazione dei giovani di oggi occorre prima di tutto sapere a chi ci rivolgiamo: i nativi digitali hanno un altro modo di ragionare, dialogare, pensare, ma ciò che è comune a noi e a loro è la vita spirituale. Formare significa quindi imparare a porsi domande serie sulla vita. Essere profeti significa offrire qualcosa di diverso da quello che offrono i potenti di questo mondo. Non dobbiamo competere con i modelli mondani. Dobbiamo imparare a raccontare e raccontarci. Abbiamo ricevuto in dono la vita divina e questa fa parte del nostro essere: siamo immersi in Dio. Il nostro servizio al mondo di oggi è essere fortemente donne spirituali”.

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