Sentire tutto in Dio

«Effatà» cioè: «Apriti!»

sensi spirituali

Nel brano di Vangelo di Marco al capitolo 7 facciamo esperienza di un Gesù “guaritore”. Egli passa nella regione di Tiro e gli vengono portate molte persone malate e bisognose di una guarigione. Gesù porta in disparte un sordomuto, gli tocca le orecchie e la lingua, guarda verso il cielo e lo guarisce. Un miracolo, una guarigione incredibile. E ancora più incredibile, anzi impossibile, Gesù chiede a questo “miracolato” di non dire nulla a nessuno!

Oggi siamo di fronte ad un Gesù che non ha paura di metter mano alla nostra umanità ferita. Egli non ha mai timore di sporcarsi le mani con noi. Addirittura prende l’iniziativa e, quando ormai il peccato ci ha isolato e rinchiuso in noi stessi, Lui ci viene incontro, ci tocca, ci guarisce e ci salva.
Quando scegliamo di non dar la precedenza a Dio, ma al nostro io, iniziano i veri guai. Lo sguardo si sporca, gli orecchi si chiudono e dalla bocca escono parole inutili.

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Ma con Dio la nostra parola non è mai l’ultima.
Cosa fa Gesù? Tocca con la sua mano l’orecchio del sordo muto. Gesù fa un gesto molto delicato. Riabilita il sordomuto, lo sana, lo salva, lo pulisce dal “nero” del suo peccato. Come? Stappando l’orecchio. Cristo è l’unico in grado di aprire le nostre sordità. Il sordomuto sente la voce di Cristo e torna ad essere nuova creatura, una persona amata e da sempre chiamata a riscoprire e vivere la sua figliolanza. L’udito diventa così il grembo di una vita nuova, il primo luogo in cui si accoglie e custodisce il sussurro sottile dello Spirito Santo nella nostra vita.
Piano piano la parola ci guarisce, ci modella il volto, perchè uno diventa la parola che ascolta. Ci permette di aprire gli occhi e vedere con uno sguardo nuovo e illuminato dal Suo amore tutto ciò che viviamo.
Questo grande dono di sentire la voce dell’amore del Padre non può essere tenuto per sè. Da individui, per dono diventiamo persone, in relazione con gli altri. Da salvato, divento canale di salvezza per l’altro semplicemente vivendo la parola ascoltata, semplicemente vivendo la mia figliolanza lì dove e come sono chiamato.

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